Trekking all’Alpe Veglia tra pascoli, laghi e baite da sogno

Trekking all'Alpe Veglia

Trekking all’Alpe Veglia tra pascoli, laghi e baite da sogno

Trekking all’Alpe Veglia: una facile escursione ad anello alla piana del Veglia, alla scoperta dei suoi insediamenti e dei suoi suggestivi laghi incantati.


Quella all’Alpe Veglia è una delle escursioni più amate e suggestive dell’Ossola, grazie ai suoi affascinanti paesaggi e alla natura incontaminata che la caratterizza.
Siamo all’interno del Parco Naturale Alpe Veglia e Alpe Devero, un’area naturale contornata dalle più alte vette delle Alpi Lepontine, istituita nel 1995 per tutelare le caratteristiche ambientali e naturali di queste due ampie conche alpine.
Verdi pascoli e vaste praterie solcate da torrenti, boschi di larici, fragorose cascatelle, laghetti incantati e pittoreschi insediamenti rurali rendono l’Alpe Veglia un luogo di grande pace e silenzio, perfetto per riconnettersi con la natura e con se stessi.

 

Il percorso in breve

 

LUNGHEZZA: 11,3 km (noi con le deviazioni ne abbiamo percorsi 13,81)
TEMPO: 4,35 ore (noi abbiamo impiegato 6 ore totali, prendendocela con calma e con le deviazioni)
DISLIVELLO: 510 m. (l’iPhone segna però 615…)
ALTITUDINI: minima 1320 m. Ponte campo – massima 1830 m. Lago delle Streghe
DIFFICOLTÀ: Turistico (alcune guide la classificano come E)
COPERTURA TELEFONICA: assente
PUNTI DI RISTORO:  diversi rifugi e abbeveratoi sul percorso

 

Trekking all’alpe Veglia: itinerario dettagliato

 

Il trekking all’Alpe Veglia è un’escursione adatta a tutti grazie all’agevole strada che, senza alcuna difficoltà tecnica, conduce fino alla piana. L’unico “ostacolo” è il lungo tratto in salita che metterà sotto pressione gambe e polmoni dei meno allenati (come la sottoscritta), ma vi basterà affrontare questa prima parte senza fretta per essere poi ripagati di ogni sforzo.
Il percorso descritto di seguito è quello più tradizionale che segue l’antica strada mulattiera gippabile, chiamato “Sentiero di Fondovalle”. È praticabile da primavera a settembre; in inverno, a causa delle nevicate, viene chiuso per pericolo valanghe.

La salita per raggiungere la Piana del Veglia

Il trekking all’Alpe Veglia comincia a Ponte Campo, dove è possibile lasciare l’auto nel parcheggio a pagamento (4 € per la giornata).
Da qui avrete subito un’idea del percorso che vi aspetta e della bellezza di queste montagne selvagge e incontaminate.
Poco oltre lo spiazzo si oltrepassa il ponte sul torrente Cairasca per incamminarsi lungo la gippabile, una strada lastricata ampia e agevole, utilizzata dai mezzi agricoli che servono il parco, ma vietata ad altri veicoli.
In alternativa è possibile prendere il ripido sentiero che taglia attraverso i prati e che, comunque, si ricongiunge poi alla gippabile (noi lo abbiamo fatto al ritorno).
Questa è la parte più dura dell’itinerario perché è dove si concentra il massimo dislivello (circa 400 m.).
La gippabile risale, infatti, la parete lungo un percorso a serpentina che a me è parso infinito. La pendenza mi ha stroncato il fiato sin dai primi passi e il sole costante non ha favorito la salita!
Se, come me, avete poca resistenza in salita vi consiglio di prendervela con calma, fermandovi ogni tanto a guardare il meraviglioso panorama circostante e riprendere fiato.

Dopo circa 2,3 km vi ritroverete alla cappella del Groppallo, punto che ricordo bene perché da qui ho ricominciato ad avere una frequenza cardiaca umana. Si prosegue, infatti, sulla gippabile per un’altro chilometro circa, ma ora quasi in piano.
Da qui il paesaggio diventa ancor più suggestivo perché la strada costeggia la grandiosa gola che il torrente Cairasca scava tra le pareti di roccia un centinaio di metri più in basso.
L’ambiente è severo e selvaggio, le pareti di roccia molto verticali, in parte ricoperte da erba, muschio e qualche larice, in parte liscia e scura per i rivoli d’acqua che vi scorrono.
In lontananza si cominciano a individuare le cime di Veglia, mentre alle spalle il monte Cistella e la conca di Nembro si allontanano sempre più.

 

L’anello alla Piana del Veglia

Si giunge, infine, ad una cancellata in legno che segna l’accesso al “Parco Naturale Alpe Veglia e Alpe Devero”.
La segnaletica indica immediatamente le varie opzioni e noi seguiamo quelle per la Piana del Veglia che consente di fare un rilassante e panoramico giro ad anello. Questa è la parte più bella, facile e rilassante di questo trekking all’Alpe Veglia.
Decidiamo di muoverci in senso antiorario e dopo pochi passi ci imbattiamo in sua maestà il Monte Leone che, con i suoi 3553 m., si aggiudica il titolo di cima più alta delle Alpi Lepontine.
È uno spettacolo: svetta scuro e austero di fronte a noi, una corona di nuvole ne cinge il cocuzzolo, il torrente Cianciavero si stende ai suoi piedi come un lungo strascico e un vecchio ponticello in pietra ne incornicia la vista.

Dopo questo splendido inizio, si prosegue sulla strada ampia e ben segnalata che conduce in breve ad un altro ponte, in legno questa volta, che attraverso il Rio La Balma.
Anche questo punto merita una sosta. La piana del Veglia si apre immensa e pianeggiante, delimitata all’orizzonte dalle alte cime che segnano il confine naturale con la vicina Svizzera. A settembre gli alberi e i pascoli cominciano a tingersi di giallo e arancio, creando un’atmosfera calda e accogliente, il rumore dell’acqua che scorre ai nostri piedi mentre in lontananza risuona lo scampanellio delle mucche: per un momento ho avuto la sensazione di essere sul set della serie tv “Yellostone”… Mancava solo Kevin Costner!

Proseguiamo ancora guardandoci intorno fino ad incontrare la cascata della Frua (richiede una breve deviazione sulla destra), il rifugio CAI Città di Arona e ancora Cornù, il primo nucleo di baite.
Poco oltre incontriamo un cartello che indica dei laghi e proviamo a raggiungerli, peccato, però, che le indicazioni spariscano improvvisamente. Non sapendo dove andare, decidiamo di tornare indietro, fermandoci a mangiare un panino casalingo accanto ai resti di un vecchio falò, godendoci la splendida vista sul Monte Leone la cui cima è sempre più nascosta dalle nubi.

 

Il lago delle Streghe

Ci rimettiamo in marcia nella speranza di evitare un acquazzone e proseguiamo lungo la strada ad anello che in breve ci porta ad Aione, un altro piccolo nucleo di baite.
Qui parte il sentiero per il lago delle Streghe che si snoda all’ombra di un fitto e suggestivo bosco di larici, ai cui piedi crescono rigogliosi rododendri e piante di mirtillo.
In circa mezz’oretta arriviamo al lago che, con grande delusione, è praticamente asciutto, conseguenza di un’estate stranamente poco piovosa.

È un vero peccato perché il Lago delle Streghe sembra davvero un lago incantato (infatti è la destinazione più classica del trekking all’Alpe Veglia). È un piccolo bacino dalla forma allungata, circondato da splendidi larici che in autunno si tingono di arancione e da alte montagne sullo sfondo. Uno stretto sentiero permette di fare l’intero periplo del lago ed è anche un bellissimo angolo in cui fermarsi per fare una pausa rilassante. Proseguendo è possibile raggiungere anche il vicino Lago delle Fate, ma noi torniamo indietro perché il cielo diventa sempre più minaccioso.
Ritornati ad Aione ci godiamo un momento la vista spettacolare sulla Piana del Veglia prima di rimetterci sulla strada e chiudere l’anello.
Si attraversa, infine, un ponticello in mezzo ai pascoli disseminati di mucche che ruminano tranquille nei prati vicini a Cianciavero, l’ultimo agglomerato di baite ubicato ai piedi del Monte Leone. Un altro angolo da cartolina!

 

La discesa

Dopo essersi lasciati alle spalle Cianciavero ci si ritrova in pochi minuti all’ingresso del Parco.
Qui vi suggerisco una sosta all’Azienda Agricola de Giuli, casa di Giuseppe, Silke e del loro piccolo Danio. Lui ossolano e alpigiano doc, lei tedesca con un passato da guida escursionistica nelle Rocky Mountains, dal 2008 conducono questa piccola azienda che produce formaggi, burro e yogurt ricavati dal latte freschissimo delle loro mucche che pascolano qui in alpeggio.
Allestiscono un piccolo banchetto dove offrono il loro yogurt che, con l’aggiunta mirtilli, miele o frutti di bosco, diventa una golosissima merenda alpigiana, perfetta per rinfrescarsi dopo una bella camminata.
Io non amo lo yogurt, ma quello d’alpeggio è delizioso, tanto che me ne sono portata a casa quattro barattoli giganti oltre a qualche formaggio!
A questo punto non resta che riprendere la strada dell’andata che, in ripida discesa, conduce fino al parcheggio.

 

Il Sentiero dei Fiori come strada alternativa

 

Per raggiungere l’Alpe Veglia esiste un percorso alternativo che pare anche essere il più panoramico: il Sentiero dei Fiori.
In questo caso dovrete partire da San Domenico e da qui raggiungere l’Alpe Ciamporino, dove ha inizio il sentiero. Per farlo avete due opzioni: procedere a piedi lungo un percorso di circa 4 km con un dislivello di 550m, oppure prendere le due comode seggiovie che consentono di evitarsi una bella fatica. Dall’alpe Ciamporino parte il Sentiero dei fiori che permette di raggiungere l’Alpe Veglia, all’altezza della frazione di La Balma.
Io non l’ho ancora fatto ma, stando alle guide, l’itinerario pare sia molto bello e senza particolari difficoltà, eccetto per qualche tratto esposto in cui sono presenti delle catene per aiutarsi. Attenzione se soffrite di vertigini.
Per il rientro consigliano di riprendere la gippabile di cui vi ho raccontato sopra, il problema è che così partenza e arrivo non coincidono e bisogna quindi fare un altro bel pezzo di strada a piedi per raggiungere San Domenico da Ponte Campo.

Come raggiungere l’Alpe Veglia

 

L’Alpe Veglia si trova in Ossola, precisamente nella Valle Divedro. Per raggiungerla dovrete percorrere la Strada Statale del Sempione e prendere l’uscita di Varzo centro, seguendo poi le indicazioni per San Domenico.
Se avete intenzione di seguire il Sentiero di Fondovalle (quello che ho descritto) dovrete oltrepassare il paese e proseguire ancora per circa 2 km fino a Ponte Campo dove si trova il parcheggio.
Se, invece, sceglierete di salire al Veglia lungo il Sentiero dei Fiori, allora potrete fermarvi a San Domenico, dove si trova la seggiovia che conduce all’Alpe Ciamporino.


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